06 maggio 2020

Discorso di un Presidente

Carissimi italiani, carissime italiane

Chiedo scusa. Vi abbiamo mentito e stiamo continuando a farlo.

Non abbiamo idea di ciò che sta succedendo e di come risolverlo, e come Presidente sto sperando che queste soluzioni arrivino dal comitato tecnico scientifico, fatto di grandi nomi, ma ve lo dico davvero: nessuno di questi tipi riesce minimamente ad immaginare come dovrà essere la nuova normalità. Per questo ne abbiamo creati così tanti, di comitati, per aumentare le probabilità di avere delle soluzioni che funzionino, ma temo, cari italiani, che le soluzioni che stiamo proponendo porteranno ad altre crisi, altre emergenze, per le quali vi dovrò chiedere ulteriore pazienza. Cercherò di tappare i buchi sempre più numerosi da dove sistematicamente stiamo facendo acqua, ma ad un certo punto non avremo più abbastanza toppe, o dita, per arginare il cambiamento che, prima o poi, arriverà.  Certo che arriverà, lo sanno anche i ragazzini delle medie e dei licei, ma non sarò io a proporvelo, perché il mio scopo è mantenere le cose, o farle tornare, uguali a prima.

Ma attenzione, italiani. Dobbiamo procedere con ordine:

Sono qui, a parlarvi da questa scrivania, col cuore in mano, ma vi devo dire la verità, con la massima trasparenza…so cosa voglia dire preoccuparsi per un Paese, per il mio Paese, per il nostro Paese, ma non so cosa voglia dire avere delle soluzioni lungimiranti. Magari qualche anno fa, intorno ad una birra con gli amici, di idee ne avevamo, ma ora…. Ora ci sono io, al comando, e mi volete bene, perché in fin dei conti non sono peggio di altri.

Avete fiducia in me, e per questo devo contraccambiarla, raccontandovi quel che succede, a cuore aperto. Sono in cima alle classifiche, non sono mai stato così seguito, così apprezzato, mi sto convincendo di poter essere lo statista che lancerà il paese nel prossimo miracolo italiano. Scusate mi viene da ridere… Per citare Tenco, questa canzone io non la so cantare, ma ci proverò…

In tanti avete scritto, l’ho letto sui giornali, l’ho sentito alla radio, che per uscire da questa emergenza dobbiamo prima comprendere che questa sia solo l’esplosione di una crisi che era in parte latente, già da molti anni, e che si stava già manifestando intorno a noi. Il virus l’ha resa evidente, ma come ogni virus ha attecchito su un sistema immunitario già compromesso.. E una volta accettato che siamo in una crisi dovremmo capire cosa l’ha prodotta, in modo da eliminarne le cause, una volta rientrata l’emergenza. Invece, italiani, vi parlo con trasparenza: so di cosa parlate ma non posso e non voglio farlo.

NON POSSO perché ho le mani legate, e ogni giorni ho le lobby attaccate al culo, e l’opposizione ai coglioni, e la Russia, la Cina, gli Stati Uniti,la Germania, ai fianchi, che ne vogliono approfittare, per comprare quel che resterà dalle nostre macerie. E ci siete voi, spaventati, arrabbiati, che avete bisogno di rassicurazioni e di sapere che potete fare qualcosa, perché bramate delle responsabilità, ma qui dobbiamo fare attenzione: vanno bene le responsabilità ma senza diventare troppo attivi, eh, sennò le cose potrebbero sfuggirmi di mano. Per questo vi ripeto che è importante che stiate a casa, ma mica perché mi sta a cuore la vostra salute, sennò avremmo da anni compiuto una svolta in questo senso, invece che continuare ad allontanare il cittadino dal benessere, quello vera, no, non dovete diventare troppo attivi. Per questo non vi dico “state a casa sennò vi ammalate”, perché se vi dicessi questo voi potreste dirmi “decido io come e dove ammalarmi”, no, io vi dico qualcosa di ben più accattivante: state a casa perché se vi infettate diventate un pericolo per gli altri e per la società. Faccio perno sul retaggio socialista, per alcuni, e sulla morale cristiana, per altri. Così se le cose van bene potrete dire “però, gli italiani son stati bravi, siamo stati bravi, e abbiamo avuto un buon governante che ci ha saputi addomesticare a modo… dura eeeeh,però dai, è fatta”. Se invece andranno male potrete sempre dire che alla fine “gli italiani sono ingovernabili, ho visto il vicino che ha invitato due amici a casa, via, non riusciamo a rispettare le regole, ci meritiamo un regime”, qualsiasi esso sia.

Vi ho detto perché non posso. Ora vi dico, cari italiani, perché NON VOGLIO: perché quello di partire da questa crisi per realizzare davvero un mondo migliore non sarebbe il mio ruolo. A quello ci pensano molti di voi, un po’ più ribelli, visionari… e la società civile, e alcuni preti illuminati… Invece io, ve lo dico con la massima trasparenza, devo mantenere lo Status Quo, devo sapere come soddisfare le brame di quel gruppetto di bulli megamiliardari, devo far ricorso agli stessi strumenti che abbiamo usato nel secolo scorso, ormai obsoleti, ma che ci volete fare? Quelle sono le dinamiche. E’ la politica, come la intendo io. Compromessi con i peggiori umani per permettere al resto degli umani, anche quelli virtuosi, di sopravvivere, tranquilli.

Ma altro che secolo scorso! Sapete cosa mi stupisce? Che siamo nel terzo millennio già da 20 anni e in pochi se ne sono accorti.  Le narrazioni viaggiano ancora sotto l’egida patriarcale e intanto una crisi globale ha minato il suo primogenito, il capitalismo. E di conseguenza ha minato tutti noi, essendo i suoi nipoti. Senza distinzioni, apparentemente. Questo però dovete ammettere che l’abbiamo orchestrato bene: farvi credere che questa emergenza colpisce tutti, ricchi e poveri, imprenditori e operai, paesi industrializzati e terzo mondo. E invece, sapete cosa? E’ tutto falso. Chi di voi possedeva di più prima avrà sicuramente più probabilità di ripartire, dopo. Gli altri, invece, chissà, immagino che andrete a zappare. Sì, anche voi, artisti, musicisti, attori non affermati, ballerini… Occhio che il pragmatismo materialista che scaturirà da questa emergenza ricadrà ulteriormente su di voi. Oppure organizzatevi. Sicuramente non fate affidamento su di noi, non avrete un soldo.

Questa crisi aumenterà le differenze, anche perché ve lo dico, con la spinta che stiamo dando alla tecnologia chi vorrà vivere in modo più naturale sarà sempre più considerato come un paria… Guardate come nell’istruzione e in molti campi del lavoro stia ricadendo tutto sull’affidabilità tecnologica. Le industrie  aprono e i mercati contadini chiudono, i paesi senz’acqua non riescono nemmeno ad igienizzare un ospedale, e sappiamo bene cosa succederà se e quando tutto questo arriverà nel sud del mondo, ora che lì sta arrivando l'inverno.

Ma attenzione. Vi voglio raccontare qualcosa di più. Noi, tutto questo, lo sapevamo. Sapevamo che il rischio di pandemia cresceva ogni anno. Sapevamo che il nostro sistema si stava indebolendo, e non solo quello respiratorio. Sapevamo che il mostro era in difficoltà, e che il vecchio stava sabotando il nuovo, e che progresso voleva dire ancora più progresso, in un infinito loop di devastazione, in cui alla fine, a rimetterci siete tutti voi…mica io. Sapevamo che il nostro compito era, ed è ancora, quello di curare le ferite di questo sistema, con lo scopo di conservarlo, anche se agonizzante. L’altra soluzione era la famosa decrescita felice, così la chiamavano alcuni di voi. Beh, pensate un po’, a forza di aspettare ci sarà la decrescita, ma infelice! Mi vien da ridere…scusate…. No, non sono impazzito, è che per la prima volta nella mia vita non ho paura di essere me stesso, di essere il politico che avrei sempre sognato, che parla a tutti con dignità, coraggio, chiedendo davvero a tutti di aiutare per un paese migliore…Per la prima volta non ho paura di nulla, nemmeno della morte.

Invece, coloro che controllano questo mondo, l’economia, la finanza, che estraggono senza pietà le risorse, che devastano senza remore questo mondo, ne hanno una paura matta. Essi, lo sapete bene,  sono vittime del proprio ego, delle proprie manie di grandezza, hanno troppa paura, perché sanno che anche loro, prima o poi, moriranno, senza aver fatto davvero nulla di buono, o forse gli basta rimanere nei ricordi dei posteri. Molti di loro sono addirittura convinti che fanno quello che fanno per il progresso dell’Umanità, mica dico che sono tutti in malafede, ma chissà quanti si rendono conto che il ragionamento su cui fanno affidamento è sbagliato fin dal principio. O forse non bastano i ragionamenti, ci vuole spirito, fiducia, virtù, intuizione, chissà.  Fatto sta che ciò che li guida è solo la paura di morire, di non essere più quella maschera, ed è così che il tempo diventa tiranno, o diventa denaro, o nella maggior parte dei casi entrambi. E sapete che vi dico? Che noi ci stiamo facendo governare da questi tipi qua, e pure io devo ascoltare e soddisfare i capricci di questi fifoni figli di puttana, lasciatemi sfogare, per favore, almeno ora che sono in diretta nazionale…Ma sapete anche cosa? Son sicuro che non durerà, per questo rido sotto i baffi, quando vi leggo gli altri discorsetti, e vi dico “bravi, complimenti, italiani”.

Rido, perché so quanto vi stiamo prendendo per il culo.

Parlo sempre di una sfida senza tempo, la più grande dal dopoguerra. E come la vogliamo risolvere? Certo non con una guerra al vecchio. Al contrario, la voglio risolvere con una guerra al nuovo! Per questo non vedrete nessuno tra i comitati tecnico scientifici, nelle prossime fasi, che abbia davvero un’immagine chiara di cosa vogliamo nel futuro. Non una persona pescata tra le migliaia di meravigliose cooperative o associazioni o organizzazioni che lavorano nel campo del sociale, non un artista, non una persona che ha scelto di vivere facendo la volontaria, non un contadino agroecologico, non chi lotta per la mobilità dolce, o chi per un territorio libero da contaminanti, o per delle energie davvero alternative. Nessuno che parli della salute da un punto di vista integrato, nessuno che conosca come funzionano le relazioni umane, la paura, le emozioni. Nessun operaio che costruisce ponti, nessun demolitore che abbatte muri. Non vedrete mai nessuno, in questi comitati, che abbia detto qualcosa che vi ha commosso. Nessuno che vi dia fiducia al primo sguardo. Nessuno che possa davvero aiutare a non ritrovarci, tra 1, 5 o 10 anni in una crisi ancora peggiore.

Quindi ve lo voglio dire, cari italiani e care italiane, non date la colpa solo a me, o alla politica. Ma nemmeno solo agli industriali, alle multinazionali, al sistema, al capitalismo, al patriarcato, benché meno solo al virus. O meglio, date le colpe indistintamente a tutti coloro che hanno un ruolo causale, ma poi, quando vi rendete conto che state bruciando le energie che vi restano nel dimenare le mani contro un muro, da soli, a casa, allora fermatevi un secondo. E poi passate all’azione, perché se date colpe e non fate nulla, io potrò dare colpe anche a voi, tra un po’. Considerate che la colpa ce l’ha anche il tempo che, facendo il suo corso, fa cambiare lo stato delle cose, e quelle che sembravano belle e utili per i nostri nonni, magari rappresenteranno un grosso ostacolo, per i nostri nipoti. Alcune, certo, non tutte. Fate voi le liste. Ci vuole tempo, e lavoro, e perseveranza, per saper scegliere, con saggezza e temperanza, cosa va lasciato a marcire nel millennio scorso e cosa va traghettato in questo.

Aiutateci a capirlo.

Ormai per me è tardi far virare la nave, e non posso nemmeno abbandonarla, pensate che figura…so che per salvarci tutti andrebbe fermata, attraccata ad un porto sicuro, e piano piano, smantellata per poi ricostruirla, ma non con gli stessi pezzi. Forse avremmo potuto cominciare a farlo 20 anni fa, dopo l’11 settembre, quando già si capiva che certe logiche, certa mania di sicurezza, certe politiche, erano terroristiche, in qualunque parte del mondo si applicassero. O dopo il 2008, quando abbiamo capito quanto il mondo fosse fragile, quando aveva dimostrato di cadere per colpa di qualche demoniaco sotterfugio finanziario. O dopo il 2010, quando le siccità hanno cominciato a farsi più evidenti, e gli eventi meteorologico più estremi, e le sciamature delle api più schizofreniche…o avremmo dovuto capirlo già dalla seconda metà del novecento, quando la monocoltura estrattivista cominciava a diventare di moda e i cancri aumentavano anno dopo anno, in tutto il globo. O dopo la caduta del muro di Berlino, quando invece di impegnarci per costruire un mondo fatto di solidarietà ci siamo fermati al mondo fatto di individui. Sentitemi, comincio a parlare come loro, come “i compagni”, che mi succede?

Vi confido che sono in una grande crisi, una molto più profonda di quella sanitaria ed  economico-sociale. Una crisi umana. Mi sto chiedendo quanto sia valso la pena insistere su certi modelli, quelli che ora rappresento con dignità. O forse è proprio la parola dignità che mi fa star male? Sono umanamente in crisi, perché so che stiamo sbagliando di nuovo, ma non so come non farlo. So che se abdico qualcuno di peggiore potrebbe prendere il mio posto. E so che se ordino una virata, conserverò la poltrona per qualche settimana o poco più.

Quindi, cari italiani e care italiane, mi tocca suggerirlo, ma senza dirlo apertamente: fate qualcosa… convinceteci, in qualche modo, a cambiare rotta. Ma posso fidarmi di voi? Che azzannate un nero appena vi dicono che vi ruberà il lavoro... Ma voglio avere fiducia. Convinceteci a chiudere la porta in faccia ai potenti della terra, sapendo che verremo scaricati e che dovremo cavarcela da soli per molti decenni. Oppure no, forse altri paesi, che stanno arrivando alle nostre stesse considerazioni, vedendoci ergerci sulle nostre gambe con forza e sicurezza, prenderanno la palla al balzo e si faranno contaminare…d'altronde è sempre successo così. Chi sono io per sostenere che questa volta sarebbe diverso? Ma io non ho il coraggio, quindi fatelo voi, se lo volete davvero. Ma per questo sorrido, perché so che sono ancora pochi quelli che tra di voi sarebbero disposti a rimodellare la propria vita. Il nuovo mondo per uno spriz! E allora vuol dire che sarà per la prossima volta, dai, tanto si sa che ci sarà una prossima volta, quindi almeno voi che potete e che non siete legati ad una poltrona, ad un prestigio, ad una mazzetta, ad una promessa, ad una minaccia, ad un super-io, ad una fifa matta o ad un pessimismo cosmico, non giungete alla prossima crisi come siete giunti a questa. Raccogliete le energie e nei prossimi mesi agite!

Immaginate che disdetta ritrovarsi nuovamente nelle stesse condizioni, ma senza poter dire “cazzo, non lo sapevamo” o “dai, ora cambio qualcosa così non sarò impreparato”.

Ora avete tutto quello che vi serve per fare da voi. Appena vi potrete rincontrare fatelo con criterio, fatelo con un obiettivo, quello di costruire la forma e la sostanza di ciò che vorrete vivere davvero. Usate le vostre abilità per stare con un piede nel futuro, se proprio non ci volete entrare con tutto il corpo. Apritevi, lasciatevi contaminare dai virus buoni del coraggio e della fiducia. Cominciante da quello che avete in voi: il vostro corpo, la vostra mente, la vostra casa. Poi da quello che avete accanto: i vostri cari, le relazioni, la vostra terra… e poi traslate tutto al livello collettivo, e curatevi delle comunità in cui troverete appartenenza, cercatele, perché lì costruirete cultura, educazione, salute….

Per chi di voi invece pensa che anche solo mettere un piede in tutto ciò sia controproducente, o inutile, o utopistico, allora vi dico una cosa: rimanete così, fermi, e vedrete che non succederà nulla. Ve lo giuro. Ci sarò io a prendermi cura di voi, a costruirvi una finta vecchia normalità dove, se vi va bene, vivrete il resto della vostra vita. Non ve lo posso assicurare ma ve lo auguro… Vi seguirò passo passo, vi darò le migliorie tecnologiche di cui avete bisogno per non avere tempo, vi consegnerò la responsabilità di non far nulla a parte seguire le mie regole, vi farò credere di essere dei grandi leoni. Ma allo zoo.

Donne, a voi vi darò addirittura l'occasione per lavorare in maternità, da casa!

A voi la scelta.

Ora avete un alibi, e avete davanti una dirigenza che evidentemente annaspa.

Anch’io, ormai, sono senza speranza.

Pensate che sogno spesso di sapere quel che devo fare per costruire una normalità migliore di prima, ma poi, quando mi sveglio, mi son già scordato tutto.



02 maggio 2020

Dal 2062 - Un Futuro Qualunque


Racconto distopico presentato all'Iniziativa letteraria E VERRA' IL DI', organizzata da Mondeggi Bene Comune e Radio Contado (Wombat Radio Firenze)

25 aprile 2062.

Oggi compio i miei fottutissimi 80 anni.

Che palle.

Un tempo gli 80 erano un obiettivo di tutto rispetto. Tutti i miei nonni sono morti sotto i 90. Oggi invece rappresentano solo l'ennesima tappa verso i 100.

Vissuti come? Dimmerda.

Già, perché a quelli non gli è mai importato un cazzo di come vivessero i loro sudditi. Solo di quanto. E pure a me. Vivere di più vuol dire essere migliori, mio padre me lo ripeteva sempre. E così suo padre, prima di lui, e giù indietro, fino alla notte dei tempi. Non poteva che essere vero….
Nemmeno dopo la Prima Pandemia del 2020 si cominciò a pensare in termini qualitativi, o meglio, chi cominciò a farlo fu costretto a ritirarsi dalla vita statale. “Volete vivere meglio? Vivete tra voi, basta che non pesate sullo Stato”: questo fu il messaggio più in voga, negli anni a seguire. 

Lo Stato, avendo dimostrato la sua inadeguatezza, era corso ai ripari, divulgando una narrazione utilitaristica, paternalistica e rassicurante per chi, come me, voleva solo tornare alla vita di prima, quando ancora non immaginavamo la deriva verso cui stavamo andando tutti quanti. La narrazione era la seguente: c’è troppo gente che lavora in nero, troppa evasione, troppe poche tasse…se volete essere assistiti adeguatamente nei nostri ospedali, se volete una banda sufficientemente larga per connettervi in ogni momento gratuitamente, se volete vivere nella sicurezza che nessuno, al supermercato, in stazione, al bar, sia portatore di un male, affidatemi a Me, come fareste con vostro padre. Vi darò tutto, ma in cambio dovrete lavorare, tanto. Pagare, tanto. Vaccinarvi, tanto. Registrarvi alle liste civiche digitali, tanto. Farvi monitorare una volta al mese la salute, tanto, e rendere trasparenti i vostri spostamenti, tantissimo. Dovrete, insomma, vivere come diciamo noi. In cambio, tutto tornerà alla normalità.

L’avessi saputo prima, che erano delle gran fandonie, che quella “normalità” in verità aveva le virgolette, avrei fatto come le mie figlie, quelle che tra sopravvivere e vivere scelsero la seconda via. O scelsero di esistere? Ma non me ne resi conto subito, e forse ormai è troppo tardi. Mi resi conto che lo Stato, pur di non scomparire, aveva deciso di accanirsi solo su una parte della popolazione,ripeto,la più spaventata, la meno consapevole. 

Chi avesse voluto coltivare per sé o per la propria tribù (così cominciammo a chiamarle), o avesse voluto medicarsi con le piante, o prendere decisioni autarchicamente, autonomamente, egoisticamente, ripetevo irato alle mie figlie, non avrebbe avuto accesso ad un ospedale, almeno non a quelli pubblici, in caso di bisogno. Un aut aut che fu prima accolto dalla democratica Europa e poi, nel giro di un paio di decenni, da tutto il Mondo. 

E chi non ci stava?

Facile, finiva in mano alle organizzazioni criminali, alle mafie. Ma non si chiamavano così, si chiamavano S.S.A., strutture statali alternative. Soprattutto al Sud, dove la gente si ribellò maggiormente - quel covo di briganti! – in milioni decisero di cavarsela da sé, ma finirono dalla padella alla brace. Passarono dall’essere sudditi di un’organizzazione statale all’essere schiavi di un’organizzazione mafiosa.

Fui felice della mia scelta per molti anni. Alla fine bastava seguire le indicazioni dei Decreti per stare tranquilli.  Ho pure sempre lavorato duramente per 78 anni, ho dimostrato allo Stato di seguire tutte le norme, di essere un buon, anzi ottimo, cittadino. Mai avuti furori giovanili di discordia, per fortuna. Ho seguito le regole, e tutto è tornato come prima…quasi. D’altronde erano già passati 20 anni nel nuovo millennio e ancora si voleva vivere come se fossimo nel vecchio.

Il nuovo millennio…il terzo, quello tecno-digitale. Quello delle Guerre Naturali Globali, quello in cui finalmente si smise di lottare tra noi per cominciare a lottare contro i virus, le siccità, il clima. Perdendo, ogni volta, centinaia di milioni di persone, ma sopravvivendo. Così nel 2028, con la Prima Grande Siccità Globale,e poi nel 2037 con la Seconda Pandemia, e pochi anni fa, con la Grande Unione del Millennio, quella in cui il primo governo centrale del pianeta sferra l’attacco finale contro i poveri, dichiarando illegali, clandestini e nemici tutte quelle regioni, territori o interi paesi che hanno scelto le COMUNADI (Comunità Naturali Diffuse) come unica sicurezza per continuare ad esistere.

Fino all’anno scorso lavoravo com disinfestatore pubblico, ovvero passavo a disinfettare ogni superficie dei ristoranti, non appena qualcuno si alzava e se ne andava, un lavoro tranquillo, pulito, sicuro, tutto sommato…avevo scelto di rispettare quel dictat, perché volevo sopravvivere. Le mie figlie un po’ meno…

Già a 10 anni, nel 2031, ci riempivano di domande, a me e alla loro madre, Dora. Lei ascoltava, e a volte le abbracciava. Io invece mi incazzavo come una biscia, soprattutto quando mi chiedevano come mai dovessimo usare lo smartphone per qualunque cosa, come andare al parco, in pizzeria, a fare una passeggiata. Una volta me lo nascosero, e io quasi gli buttai i giocattoli dal quinto piano del nostro appartamento milanese. D’altronde, se non eravamo in regola con il lavoro, con le tasse, e con la salute, non potevamo nemmeno prenotare in un ristorante, o in un parco cittadino… ma come potevano capirlo a 10 anni? Stavano 4 ore la mattina in classe, per le lezioni di disciplina, e 4 ore il pomeriggio davanti al computer in casa, per le lezioni d nozionistica. Che ne sapevano loro?

Da metà degli anni 30 però non c’era più nemmeno il tempo di litigare. Ogni anno c’era qualcosa, qualche emergenza, principalmente planetaria, climatica, epidemiologica, e ognuna innescava un’altra emergenza, a catena. Per fortuna ci son sempre i ricchi e i ristoranti da pulire, per cui non ho mai perso il lavoro. Ma mia moglie, maestra, non riusciva più a educare nessuno, con queste rapide alternanze sempre più frequenti di chiusura delle scuole. Alla fine degli anni 30 passava sempre più tempo con le mie figlie, forse le faceva bene, ma non capivo cosa facessero. Tornavo a casa e le trovavo a fantasticare, sui luoghi che le due “piccole”, ormai diciottenni, frequentavano sempre più spesso. Non ho mai capito cosa fossero, ma quando cominciarono a parlare di “altri mondi possibili”, capii.

Dagli anni 40, infatti, cominciarono a girare voci, e ad apparire immagini nelle tv di Stato, di luoghi dove le persone vivevano come nella metà del ventesimo secolo. Tutti insieme, in vecchie case abbandonate, coltivando, suonando, bevendo, infischiandosene del Mondo ma soprattutto senza profili digitali! L’opinione pubblica indicava quelle come delle piccole realtà sparse e isolate che nemmeno la malavita voleva soggiogare, perché troppo poche, inoperose ed inutili. Insomma, uno strascico di quelli che mio padre definiva figli dei fiori. Pareva che si sarebbero estinti, com’era plausibile, senza accesso agli ospedali, senza vaccini, senza possibilità di comprare cibo nei Discount, senza possibilità di voto, senza treni ne’ aerei, senza tv, senza screening, senza monitoraggi, senza nulla di moderno, insomma!

Dora, Luce, Sara, perdonatemi. Vi ho lasciate andar via, o forse vi ho cacciate? Lo capite o no che avevo solo paura? Paura che vi estingueste? Che il vostro sogno irrealizzabile fosse solo una tentazione del Demonio? Non vi ricordate quelle teleconferenze sulla Responsabilità Sociale? Quando, tra le mie braccia, mi sorridevate gridando “da grandi vogliamo essere d’aiuto allo Stato e al Bene Comune!”. Cos’è il Bene Comune se non ciò che lo Stato può assicurarvi? Lo capite perché non potevo accettare che mi consideraste uno schiavo del sistema, un buono a nulla, un addormentato, un cieco, un illuso? Ero, e sono, pur sempre,vostro Padre! Perdonatemi, se avessi visto…

Ormai è tardi. Quello che doveva cadere sta cadendo, e come l’ultimo dei mozzi di una nave, sarò il penultimo a saltare in mare, prima del Capitano.

Perdonatemi…per non aver saputo distinguere il Vivere dall’Esistere. Mi ripetevate che per il primo basta mangiare e riprodursi, mentre per il secondo ci vuole Consapevolezza. Vostra madre lo sapeva bene: Esistere viene da “ex sistere”, “collocarsi fuori”, “venir fuori”, da cosa? Dal vivere ordinario. E quindi Resistere voleva dire “uscire dall’ordinario opprimente per difendere lo straordinario esistente”.

Le credevo delle puttanate, dei giochi di parole.

Oggi compio i miei fottutissimi 80 anni, fuori è tutto umido, vecchio, la città ormai è quasi disabitata. Mi mancherebbero 5 anni alla pensione ma ho scelto di licenziarmi prima. La mia unica, patetica, forma di protesta. Peccato che resterà inascoltata. 

Che ironia!

Per questo mi vergogno profondamente, per il mio passato, ma soprattutto per l’oggetto di questa missiva… cioè per chiedervi…se…

…Se mi venite a salvare. 

Sempre che riceviate questa mail, e che non siate ancora arrabbiate con me. Quanti anni è che non ci sentiamo? L’ultima volta Dora non poteva parlare perché stava finendo di impagliare un cestino, vero? La denigrai… che cretino Ccome sta?

O forse non leggete nemmeno più le mail?

In quel caso verrò io…

Ho ancora 16 anni da vivere, secondo l’App… 

Vi troverò.

29 giugno 2018

Sempre lo stesso errore


Anziché decidere di non pensare e di non sentire, di non immedesimarsi negli altri e di non uscire un attimo dal guscio… invece che delegare ai vili quella che poi pretendete sia anche la vostra, di opinione, perché siete insicuri e spaventati di tutto e di tutti…invece che braccare giorno e notte gli spettrosi alibi della colpevolezza della vostra frustrazione, insoddisfazione, codardia…

Perché non vi fermate un attimo, non rallentate, non vi chiedete perché state male, perché avete così poca fiducia, perché vi sentite così soli e spersi in un mondo che sembra fatto di troppa eterogeneità? Perché non la smettete di inneggiare ai folli scaltri, che vi usano, per mezzo della vostra paura, che puzza e si sente fino ai Palazzi di Roma e di Milano? Perché VOLETE CONTINUARE A FARE LO STESSO ERRORE?

Nulla sembra funzionare per farvi rinsavire, nulla… Si parla di memoria storica, degli italiani che emigravano e venivano accolti come ora accogliamo i nuovi migranti, e questa cosa scivola via come acqua sugli scafi. Allora si parla di storie più recenti, come gli albanesi, che sembravano il problema maggiore del mondo e adesso sono mezzo milione, tra noi, in un continuo processo di integrazione. Nulla sembra scalfire l’ottusità, quindi si procede, parlando di Inevitabilità e Naturalità nel mix globale, perché le persone migrano non solo a causa delle guerre, ma perché è da quando nostra madre era Lucy che ci spostiamo, in tutte le direzioni, perché rispondiamo alle stesse leggi eco-nomiche della natura, e finchè non abbiamo visto e toccato tutto non saremo mai completamente soddisfatti. Eppure anche questo discorso sembra privo di senso, quasi paranormale. Non resta che provare a scendere di toni: credete davvero che il problema siano gli altri? Credete davvero che i ragionamenti superficiali, rozzi, freddi, distaccati, egocentrati, etnocentrici, possano migliorare le vostre vite? Non avete mai pensato che forse c’è bisogno di salire un po’ più su, fino al monte?

Invece mi sa che siete senza speranza, ora fate la voce grossa perché sentite che la vostra ignoranza (nel senso che ignorate il vero problema) può uscire e sostenervi senza essere derisi, rimproverati o cacciati. Ora potete dire “Certo sti negri…”o meglio “ma torna a lavurà al tuo villaggio, vai!!”. Ora lo potete gridare, è il vostro momento di gloria, magari vi sentite rappresentati, o addirittura godete finalmente di quel senso di appartenenza che forse fin da bambini cercavate, prima in una squadra di calcio, poi in un ufficio e infine in un popolo, legato solo dalla fierezza patriottica. Prendetevi questo momento, tanto per voi non cambierà nulla. Resterete sempre fermi lì, da soli, a guardarvi le spalle, guardinghi, tutta la vita.

Perché non vedete ciò che è banale: siamo destinati a mescolarci tutti.

Oltre ad essere la nostra natura, è anche il nostro desiderio. Altrimenti non avremmo inventato le navi, la radio, i treni, il telefono, gli aerei, internet, i social… anche la tecnologia segue questa intenzione: di curiosare, conoscere e andare dove prima non pensavamo ci fosse niente di interessante. Banale quanto reale. Per questo siete voi quelli più stupidi e irrealisti, deboli e irragionevoli.

E noi, che ora stiamo solo guardando, increduli e logori, abbiamo sì perso delle elezioni, del tempo, delle energie, della stima, della fiducia, ma ciò che importa lo sappiamo fare: riusciamo ad andare oltre, a sentirci comunque meglio, perché ciò che a voi sembra impensabile per noi è semplicemente naturale.

Nei flussi migratori vediamo arricchimento dei nostri geni e dell'intelligenza di massa, e non una minaccia. Nel cibo sano e libero da inquinanti vediamo la salute nostra, dei nostri figli e dei loro nipoti. Nelle unioni omosessuali vediamo semplicemente quello che è, cioè un legame d’amore.

Il risultato è che riconosciamo con più facilità chi ci vuole davvero male, guardandolo negli occhi. Non accettiamo che sia il nostro capo, il nostro amante, il nostro maestro. Il pregiudizio lo vediamo arrivare da lontano, quel “loro mi stanno sul culo” senza sapere davvero come mai o senza addurre motivazioni più logiche di un banale “perché una volta una zingara mi ha rubato in casa”. Svilite non solo le scienze umane, ma anche quelle matematiche, fisiche e naturali, e soprattutto la biologia, secondo la quale nel mix genetico sta la vera forza di un organismo, e la statistica, per cui un trauma non vale per centomila.

Noi continuiamo qui. Ci lecchiamo le ferite, ci sentiamo in minoranza. Lo siamo. Sappiamo di aver ragione ma siamo ora, noi, i derisi. Allora ci chiamiamo, ci cerchiamo, ci uniamo, ma non vogliamo un’altra guerra. Altri morti. Vorremmo evitarlo, vorremmo solo convincervi a focalizzarvi su un altro problema: cioè che siete manipolati. Il vostro razzismo magari qualche anno fa era a livelli umani, anzi magari erano solo uno stupido pregiudizio, poca roba, tipo “non hanno voglia di fare un cazzo…ma la mia colf peruviana è strepitosa”  o “vengono a rubare però quel ragazzo di colore che sta sotto casa mi aiuta sempre a portare la spesa, fossero tutti come lui!”. Col tempo, senza traumi ne' ostacoli, il processo naturale avrebbe fatto il suo corso, e alla paura, alla sfiducia, alla circospezione sarebbero seguiti la scoperta dell'Altro, l'accettazione, la fiducia, la tolleranza e infine l'integrazione. Perché non ci son buoni e cattivi, ma solo chi ha superato certi ostacoli e chi ancora non lo vuole o sa fare. Ma qui c'è il ma: un folle scaltro si è interposto tra voi e il vostro processo di crescita. Ha preso questi semi d’odio - che ancora non erano odio, ma solo paura e ignoranza -  e li ha innaffiati ogni giorno, con la benzina.

E ora è tardi. Ora avete un nemico, e sono loro, i neri, o i gay, o chissà chi domani. Ora qualcuno vi ha dato una buona ragione per odiare qualcun altro, per bloccare violentemente il vostro processo di integrazione. E ora che vi ha dato fuoco non potete più reagire, perché diventate delle torce viventi.

Non è solo la storia italiana di questi anni, ma di quasi tutti i Paesi del mondo, almeno una volta nella loro storia. Fosse una novità… invece ci ricascate, e lasciate che questo vile vi metta gli artigli sul cuore. Fate voi. Fate ancora lo stesso errore, se volete.

Ma prima, fermatevi un attimo e provate a riprendervi la Vostra umanità.

Ricordo Alex, che pochi gorni fa, il 3 luglio di 23 anni fa, si impiccò a un albicocco, sconvolto dal dramma della guerra nei Balcani, e come un mantra ripeto che Amo costruire i ponti, saltare i muri, esplorare le frontiere. Amo tradire la compattezza etnica.



14 febbraio 2018

Alla scuola Tekove - febbraio 2018



4 giorni di fuoco alla Tekove Katu. 150 ragazzi e ragazze, di cui un terzo ne conoscevo già dall’anno scorso, quando siamo venuti con Stefania per un mese a piantare alberi da frutto, piante medicinali e a fare dei corsi su educazione ambientale e medicine tradizionali. Già arrivare e vedere ogni singolo studente che viene a salutarti e a darti la mano – anche se io rispondevo con un abbraccio, ma non sarebbe abitudine – è stato un inizio che non poteva non dare un’incredibile carica. 

Insegnare qui non è solo trasmettere informazioni e passione, ma vuol dire far parte di un progetto davvero grande, quello della rivoluzione sociale indigena, cominciata più di 30 anni fa con la creazione del piano PISET (Produzione, Infrastrutture, Salute, Educazione e Terra e Territorio), attraverso il quale le varie assemblee indigene, riunite nella APG (Asemblea del Pueblo Guaranì) prendevano coscienza della necessità di custodire questi 5 pilastri per uscire dalla situazione disperata in cui si trovavano come minoranza etnica.

Oggi una parte di questa consapevolezza si è persa, molti giovani vengono alla scuola, che è  completamente gratuita, per uscirne come tecnici, dopo 4 anni, ed avere maggiori possibilità lavorative. Ma molti invece comprendono l’importanza della scuola e del loro ruolo nella società, grazie al costante lavoro dei docenti, principalmente volontari, che 6 mesi l’anno portano avanti la formazioni nei temi della Salute Ambientale, Infermeria, Nutrizionismo e Operatore Sociale Comunitario.

Tornando a questi giorni, ho cercato di vivere ogni ora in cui ero alla scuola per trasmettere – e imparare! – qualcosa che potesse essere davvero utile. Per questo mi sono concentrato meno sulle lezioni frontali teoriche – come avevamo fatto l’anno scorso – ma ho subito chiesto a tutti di organizzarsi e autogestirsi per occuparsi del mantenimento di 8 zone della scuola (che si estende per qualche ettaro). Dopo aver percorso in lungo e in largo il terreno della scuola, abbiamo identificato le cose più urgenti da sistemare e quelle per le quali invece ci sarà bisogno di più tempo e di risorse economiche. Dalla pulizia delle infestanti, al riciclo delle centinaia di bottiglie di plastica e vetro, alla riorganizzazione dell’ingresso, fino a un vero e proprio piano di raccolta acqua, dove i ragazzi hanno calcolato di quanti serbatoi avrebbero bisogno per assicurare l’acqua nell’epoca secca.

Il tutto con molte risate, musica (in cui anch’io mi sono esibito cantando De André e Bella Ciao, non senza inevitabili scherni), cultura (abbiamo visto Ciudad de Dios e Tambien la Lluvia) e commozione, soprattutto l’ultima sera in cui mi hanno espresso la loro gratitudine. Per non parlare del tempo passato con Tarcisio, Francesco e tutto l’entourage, con cui ogni volta ci confrontiamo sulle metodologie pedagogiche e sulle possibili strategie di rimodernamento della scuola, facendo attenzione però a conservare il suo sabor guaranì.

Mi sento fortunato ad essere parte di tutto ciò, e ve lo scrivo proprio per questo, per convincere a farne parte: continui stimoli accendono il cuore e la mente, mentre lo spirito si arricchisce grazie alla presenza di tante persone non ancora corrotte e perciò  si riposa, in un ambiente più congeniale a lui/lei, dove il tempo non è denaro. I problemi ci sono, e sono tanti, ma stupisce la tranquillità con cui questi 150 giovani si adattano a una situazione che spesso può risultare scomoda, come la mancanza dell’acqua corrente – che obbliga tutto ad andare al pozzo ogni sera a prendersi il proprio mezzo secchio per lavarsi – all’alimentazione, povera e monotona. 

Ma ciò che stupisce più di ogni altra cosa è la loro capacità di gestirsi e organizzarsi. In questi giorni non c‘era nessuno a dirgli cosa fare e come farlo, ma quelli del terzo anno avevano così abilmente trasmesso la disciplina (non in senso militare) che ogni mattina alle 7.30 tutti e 150 erano in classe per la lettura collettiva delle notizie della mattina, per i canti e per cominciare la lezione puntuali. Un doppio rintocco di “campana” (un pezzo di ferro appeso a un palo di legno) avvisa che è l’ora di riunirsi per decidere qualcosa, e i vari comitati (pulizia, manutenzione, piante, studio,  salute, ecc) aggiorna tutti gli altri sulle novità, ogni lunedì mattina. 

Non esistono gerarchie, salvo nel ruolo del mburuvicha, il “capo”, che viene scelto tra i ragazzi ogni 3 mesi, e che si occuperà di fare da referente principale per ogni questione ordinaria e straordinaria.

Infine, l’interculturalità: sono molte le etnie boliviane qui rappresentate, e per imparare a conoscersi ogni sabato gli studenti organizzano el Sabado Cultural, dove ogni gruppo etnico si esibisce in balli e canzoni tipiche della loro regione.  Una festa, fondamentale per conoscersi e crescere, che li avvicina sempre di più gli uni agli altri, riempiendo di meraviglia e biodiversità l’aula magna della Tekove Katu.

In sintesi,  ho fatto di nuovo esperienza di quei tre principi cardine che si auspicano in una società armonica: la Condivisione, l’Autogestione e l’Interculturalità. Quello che ancora manca, e su cui lavoriamo poco a poco ogni anno, è la sistemazione degli altri aspetti fondamentali: Frequenza delle lezioni, Igiene, Autoproduzione alimentare e Autosufficienza idrica. 

Poi Utopia diventa Realtà.





Discorso di un Presidente

Carissimi italiani, carissime italiane Chiedo scusa. Vi abbiamo mentito e stiamo continuando a farlo. Non abbiamo idea di ciò che st...